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domenica 6 settembre 2015

Manolo

"[...] <<Scusa ma il tuo sogno mi ha ricordato una delle mie stramberie, piuttosto, sbaglio o hai accennato ad un dottore? Anch’io ne ho uno o meglio l’avevo>> si è girato per ascoltarmi, è la prima volta che lo fa, sembra contento di aver trovato qualcuno che lo possa capire. <<Eccomi, sono qui per sentire la storia di Manolo e scoprire il significato del nostro incontro>> lui arrossisce sussurrando come se si vergognasse: <<Bè… Il mio dottore è uno specialista, mi segue fin da quando ero piccolo, dice che ho una specie di deficit, ci vado da quando ho iniziato a disegnare gli omini svolazzanti>>, ora è davvero imbarazzato, si morde le unghie nervosamente, lo devo tranquillizzare <<Ne ho conosciuti di ragazzi problematici e devo dirti che mi sono sempre piaciuti, in parte credo di esserlo anch’io. Ma cosa intendi per omini svolazzanti?>>, con il dito disegna sul suo finestrino appannato una linea orizzontale con un albero sopra e poi in alto un omino stilizzato che sembra passeggiare nel cielo. <<Le maestre pretendevano che i miei omini dovessero stare appoggiati sulla stessa linea dell’albero>> indicando la linea orizzontale del terreno <<ma io non capivo cosa ci fosse di sbagliato nel mio disegno e ogni volta che mi sgridavano piangevo e mi mordevo le mani. Allora, una mattina la maestra parlò con la mamma e il pomeriggio lei mi portò dal dottore>>, con una mano cancella il disegno dal finestrino e rimette entrambe le sue mani sul volante, <<E perché credevi che gli omini dovessero stare in cielo?>>, è di nuovo concentrato sulla strada come se volesse tagliare il discorso, ma dopo alcuni secondi e con il tono di chi sta dicendo un’ovvietà mi risponde <<Perché gli uomini non sono come gli alberi!>>. Nonostante gli anni di terapia è ancora convinto che gli uomini passeggino nel cielo e lo dice con la convinzione di chi è consapevole delle proprie affermazioni e delle loro conseguenze, mi ricorda Claus, il piromane. <<Anche Galileo fu considerato pazzo perché credeva che la terra era rotonda…>> seguita a parlare mentre il mezzo s’inoltra per una stradina sterrata nascosta dietro una cascata di fronde selvatiche che si fanno guardiane della via. <<Noto con piacere che la terapia non ha funzionato, ma dove stiamo andando?>> gli chiedo, <<E’ una scorciatoia per scendere in paese, è qui che ho visto per la prima volta gli omini svolazzanti>>. Buca dopo buca il sentiero si apre su una breve pianura incolta che dà respiro al chiarore del sole, dal finestrino intravedo uno stagno, <<Ci possiamo fermare un attimo? Vorrei vedere quello stagno>>, siamo fermi e Manolo non sembra intenzionato a scendere, <<Ti aspetto qui>> dice. Apro la portiera, i suoni della natura mi investono esattamente come immaginavo, scendo facendo molta attenzione ai gradini, pochi passi fra gli arbusti e lo scintillare dell’acqua si fa intenso, mi faccio largo tra le frasche bagnate dalla rugiada del mattino, scosto i rami e scopro di essere entrato in una specie d’oasi. Dalla punta delle mie scarpe si srotolano catene di orchidee acquatiche che si distendono tutte verso il centro dello stagno, sulla sponda opposta da un cespuglio s’intravedono le orecchie buffe di un coniglio, nell’aria si ode l’inconfondibile dchàà dchàà della ghiandaia imitatrice e questa erica a fiori rosa, che bellezza! Meglio tornare da Manolo, non vorrei che si metta a rincorre qualche ometto svolazzante e mi lasci solo in questo non so dove, meglio che mi sbrighi. <<L’hai visto?>> urla dal trattore, <<Cosa?>> rispondo mentre cerco liberarmi dall’abbraccio di alcuni ramoscelli. <<L’omino svolazzante. Guarda ce né un altro, lassù!>> e sporgendosi punta il dito per mostrarmelo. In alto, in lontananza, scorgo una figura nera dalle sembianze umane oscurata da un indecifrabile gioco di ombre, è sorprendentemente simile ad un uomo. Ha gambe lunghe e snelle attaccate ad un corpo robusto, braccia e spalle larghe sulle quali poggia una piccola testa ovale. L’omino si sta dirigendo verso il sole dimenandosi come se stesse per perdere l’ultimo treno delle cinque, un airone?[...]"


Tratto da "Phollia"

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