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sabato 29 agosto 2015

Sesso e potere

Nonostante tutte le trasformazioni che hanno attraversato la nostra società il modo di intendere il sesso e più in generale la sessualità non è cambiato. E non intendo parlare del sesso libero, dell'emancipazione della donna o delle gonne sempre più corte, voglio parlare del tabù del sesso e di come influenzi la nostra identità.

La nostra sessualità sta attraversando da tempo imprecisato un vero e proprio blocco psichico. Provate a pensare ai politici come ad un gruppo di feticisti, entrambi i gruppi hanno dei gusti particolari che li spingono a ritrovarsi fra le loro idee e perversioni sociali, ma non è l'unica somiglianza e soprattutto non è la più importante. Il potere, ecco cosa lega i due gruppi. Questo agisce soprattutto sotto due forme: il potere della sottomissione e il potere della sopraffazione. Convincere gli altri a seguire le tue idee politiche o convincere qualcuno a frustarti sono espressioni dello stesso potere, ed è proprio questo il bisogno che rende la nostra società un luogo perverso e frammentato. Ma perché ricerchiamo così assennatamente il potere? Non saprei dire con esattezza quando, come o perché ma so che stiamo vivendo il grande tabù del sesso, ossia, il sesso come potere! Quando mi è capitato di vedere in TV il "Gay pride", ho capito le dimensioni di questo blocco. Vedere centinaia di uomini inneggiare alla loro sessualità come si fa per una qualche squadra di calcio mi ha molto deluso. Cosa stavano facendo? Un altro gruppo di politicanti, un'altra schiera di uomini che si dichiarano "omuncoli", che si mortificano prima del tempo. Chi sono i gay e chi gli etero? Per sapere cosa si provi a stare con uomo non occorre essere "gay" e non serve nemmeno dichiararlo al mondo; non occorre dirlo alla famiglia, all'amico o all'associazione gay e cos'altro. E se poi ci si innamora di una donna si deve spedire una raccomandata? E allora rieccoci al punto: siamo talmente ossessionati dal sesso che ci facciamo trascinare dalle sue più misere dinamiche. Se potessimo vivere la sessualità con la serenità di quando facciamo la doccia e di quando ci massaggiamo dolcemente il cuoio capelluto, tutto andrebbe meglio. Infondo fare l'amore significa  prendersi cura dell'anima, del proprio corpo e del cuoio capelluto. Come abbiamo potuto trasformare l'atto sessuale nel solito teatrino di maschere per cui l'uomo di successo dopo aver passato un'intera giornata a mostrarsi per quello che non è torna a casa e senza nemmeno togliersi la maschera deve sbattersi con virilità la moglie arrapata dal successo. Questo "omuncolo" non potrà più trasformarsi in uomo se presto o tardi non mostrerà le sue paure e la sua vera identità. Il connubio fra sesso e potere è la sconfitta dell'umanità e noi ci stiamo alla grande. 

venerdì 28 agosto 2015

Il diritto alla droga

La droga ai nostri tempi non é piú una scelta, é un diritto acquisito: "il diritto alla droga". Che non é diverso dal diritto di mangiare fino a scoppiare o da quello di far debiti che non puoi estinguere o dal diritto al gioco d'azzardo. Sto parlando del codice civile del "tutto e subito", in cui tutti gli uomini e tutte le donne hanno pari opportunità per buttare via le loro vite fra televisioni, iphone, social network e eccessi di ogni genere, dall'alcolismo alla droga. La parola d'ordine é "eccesso". Eccesso al dí sopra del principio del piacere, eccedere per consumarsi dentro e non farsi domande. E per questo a chi dice che i tossicodipendenti sono individui non inseriti nella società rispondo che in realtà i "drogati" rappresentano il futuro di questa società. Sono figli del consumismo, nonché vittime ed eredi dei suoi schemi. Trovo molto più conformista un giovane che fa uso di droghe che uno che mette su famiglia."Farsi" non é più un modo di ribellarsi, uno stile di vita o una corrente di pensiero, é quello che ci chiede il ventesimo millennio. Fatelo!

giovedì 27 agosto 2015

Scordarsi d'esistere


"[...]Avevo progettato tutto da due settimane e il sabato misi in pratica il mio piano. Staccai il contatore dell’elettricità, avvisai amici e parenti che l’indomani sarei stato tutto il giorno in montagna dove molto probabilmente il cellulare sarebbe stato fuori uso. Il giorno seguente di prima mattina, abbassai le tapparelle, posizionai sul letto il martello e l’unico orologio a mia disposizione, quando tutto fu pronto bevvi un caffè doppio al bar sotto casa, risalii chiudendo la porta a chiave, gettai le chiavi da qualche parte nell’oscurità e spensi la luce e per ultimo il telefono. Ruppi l’orologio.
A occhi spalancati regnava il buio, ci volle ben poco per disorientarmi, nel giro di un momento mi dimenticai di quale posizione stessi assumendo, dove fossi appoggiato e quanto tempo fosse trascorso. Proseguendo scordai quale immagine avesse il mio volto, perdurava l’idea per cui ogni immagine della mia mente non corrispondesse più con la realtà, sentivo il bisogno di vedere un albero o una dannata auto o un misero scorcio di città, solo per scoprire se corrispondeva alla mia idea; questo pensiero mi diede tormento per un tempo interminabile, ma non volevo cedere, pensai di essere vicino al punto in cui ci si dimentica di esistere, a metà tra la partenza e l’arrivo, sapevo di essere un buon pilota e proseguivo imperterrito, ero molto vicino, stavo per disperdermi come cenere nel mare, scivolavo lento nell’eternità, e ci ero quasi arrivato. Purtroppo ad un certo punto feci caso al mio respiro e non so come mi convinsi che stavo sognando ad occhi aperti, nel buio. Mi spaventai fortemente e cominciai ad interrogarmi sull’eventualità di restare paralizzato, bloccato nel buio, ormai non capivo più se stessi sognando o pensando, se mi stessi muovendo o no. Fu un attimo e fu il panico. Avevo davvero avvisato amici e parenti, staccato il telefono, il contatore? A questa domanda crollai e iniziai a pizzicarmi le braccia per svegliarmi, poi pensai che anche nei sogni si può provare dolore. Cercai il contatore della luce, la mia testa stava per esplodere, poi riuscii a trovare sul pavimento freddo una scatola di fiammiferi. Cerini per accendere le tenebre e li accesi ma non bastò. Vidi il tavolo in legno laccato della cucina e la vetrinetta del salotto, ma pensai ad un artificio della mia mente. Innervosito presi picchiare la fronte contro il muro, quasi a dire che l’avrei abbattuto. Trovai la soluzione ai miei problemi quando sentii il sangue colare nell’insenatura fra le mie sopracciglia. Dissi fra me e me -Nei sogni quando sopraggiunge l’impatto con la morte ci si sveglia di scatto tra le coperte inumidite e si torna alla realtà-  non ci pensai due volte e diedi fuoco alla prima cosa infiammabile che trovai: le tende. Volevo bruciare quell’incubo. Il fumo dalla finestra allarmò i vicini che fecero scattare tempestivamente il 118. Mi rinvennero svenuto e sanguinante sotto il tavolo, e non a caso [...]"



Tratto da "Phollia"