"[...]Avevo progettato tutto da due
settimane e il sabato misi in pratica il mio piano. Staccai il contatore
dell’elettricità, avvisai amici e parenti che l’indomani sarei stato tutto il
giorno in montagna dove molto probabilmente il cellulare sarebbe stato fuori
uso. Il giorno seguente di prima mattina, abbassai le tapparelle, posizionai
sul letto il martello e l’unico orologio a mia disposizione, quando tutto fu
pronto bevvi un caffè doppio al bar sotto casa, risalii chiudendo la porta a chiave,
gettai le chiavi da qualche parte nell’oscurità e spensi la luce e per ultimo il
telefono. Ruppi l’orologio.
A occhi spalancati regnava il
buio, ci volle ben poco per disorientarmi, nel giro di un momento mi dimenticai
di quale posizione stessi assumendo, dove fossi appoggiato e quanto tempo fosse
trascorso. Proseguendo scordai quale immagine avesse il mio volto, perdurava
l’idea per cui ogni immagine della mia mente non corrispondesse più con la
realtà, sentivo il bisogno di vedere un albero o una dannata auto o un misero
scorcio di città, solo per scoprire se corrispondeva alla mia idea; questo
pensiero mi diede tormento per un tempo interminabile, ma non volevo cedere,
pensai di essere vicino al punto in cui ci si dimentica di esistere, a metà tra
la partenza e l’arrivo, sapevo di essere un buon pilota e proseguivo
imperterrito, ero molto vicino, stavo per disperdermi come cenere nel mare, scivolavo
lento nell’eternità, e ci ero quasi arrivato. Purtroppo ad un certo punto feci
caso al mio respiro e non so come mi convinsi che stavo sognando ad occhi
aperti, nel buio. Mi spaventai fortemente e cominciai ad interrogarmi sull’eventualità
di restare paralizzato, bloccato nel buio, ormai non capivo più se stessi
sognando o pensando, se mi stessi muovendo o no. Fu un attimo e fu il panico. Avevo davvero avvisato amici e parenti, staccato il
telefono, il contatore? A questa domanda crollai e iniziai a pizzicarmi le
braccia per svegliarmi, poi pensai che anche nei sogni si può provare dolore.
Cercai il contatore della luce, la mia testa stava per esplodere, poi riuscii a
trovare sul pavimento freddo una scatola di fiammiferi. Cerini per
accendere le tenebre e li accesi ma non bastò. Vidi il tavolo in legno laccato
della cucina e la vetrinetta del salotto, ma pensai ad un
artificio della mia mente. Innervosito presi picchiare la fronte
contro il muro, quasi a dire che l’avrei abbattuto. Trovai la soluzione ai miei
problemi quando sentii il sangue colare nell’insenatura fra le mie sopracciglia.
Dissi fra me e me -Nei sogni quando sopraggiunge l’impatto con la morte ci si
sveglia di scatto tra le coperte inumidite e si torna alla realtà- non ci pensai due volte e diedi fuoco alla
prima cosa infiammabile che trovai: le tende. Volevo bruciare quell’incubo. Il
fumo dalla finestra allarmò i vicini che fecero scattare tempestivamente il
118. Mi rinvennero svenuto e sanguinante sotto il tavolo, e non a caso [...]"Tratto da "Phollia"
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